Il 4 luglio è stato firmato il decreto che avvia la sperimentazione del taser, pistola elettrica che inizialmente sarà testata e data in dotazione alle forze dell’ordine (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza) in 12 città: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi e Genova (quest’ultima inserita dopo la lista comunicata in netto anticipo delle prime undici città italiane). Saranno acquistati ed usati 30 dispositivi complessivi, per ora.

Ad annunciare la notizia è stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini ed il capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli a seguito del caso Jefferson Tomalà, il 22enne ecuadoriano ucciso a Genova dalla polizia durante un TSO (trattamento sanitario obbligatorio).

Il taser (detto anche pistola elettrica, storditore elettrico o dissuasore elettrico) “va a colmare il vuoto esistente nel passaggio dal manganello alla pistola calibro 9”, come ha dichiarato Enzo Marco Letizia, Segretario Nazionale dell’Associazione funzionari di Polizia. Se a Genova il poliziotto avesse usato un taser anziché una pistola, quel ragazzo che lo stava aggredendo non sarebbe morto.

Quali sono le caratteristiche della pistola elettrica?

Perché l’Onu e Amnesty definiscono il taser uno strumento di tortura?

 

Matteo Salvini: “Il taser è un’arma di dissuasione non letale” ma c’è chi protesta

Mentre un gruppo di interforze mette a punto un disciplinare per la formazione di agenti coinvolti nella prima fase del test, il ministro dell’Interno Matteo Salvini dichiara: “Il taser è un’arma di dissuasione non letale, un deterrente importante soprattutto per gli agenti di sicurezza che pattugliano le strade”. Agenti che potrebbero trovarsi a dover fronteggiare situazioni border line e necessitano di una misura di deterrenza più efficace per ridurre i rischi di incolumità personale.

Che la pistola elettrica rappresenti un valido supporto, in questo senso, lo dimostra l’esperienza di tanti Paesi (anche avanzati) che lo utilizzano già da tempo. Sono 107, per l’esattezza, i Paesi che ne fanno uso, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Svizzera, Germania, Canada, Finlandia, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Kenya, Repubblica Ceca e Grecia.

C’è, però, chi alza voci di protesta: quella più vibrante proviene da Amnesty International Italia, che aveva già protestato a seguito della circolare emanata il 20 marzo 2018 dalla Direzione anticrimine, la quale ha avviato il test della pistola taser in 6 questure italiane.

Per quale motivo Amnesty International Italia protesta?

 

Amnesty International Italia: “Il rischio di violazioni dei diritti umani resta”

Secondo l’organizzazione Amnesty International Italia le pistole taser presentano ‘apparenti’ vantaggi: facilità d’uso, efficacia in situazioni complicate nei confronti di individui singoli o folle aggressive. Vengono definite non letali o meno che letali ma hanno causato morti.

In USA e Canada, dal 2001, il numero di morti collegate (direttamente o indirettamente) alla pistola taser supera il migliaio (per il 90%, si tratta di vittime disarmate): 500 morti solo negli ultimi 5 anni, 334 negli USA in meno di un decennio. Studi medici dimostrano che il taser ha avuto effetti mortali su persone affette da disturbi cardiaci o con funzione compromesse da droga, alcol, sforzo (dopo una corsa o una colluttazione). La pistola elettrica può rilasciare scariche multiple provocando danni irreversibili a cuore e sistema respiratorio.

Amnesty chiede che venga effettuato uno studio sui rischi per la salute di questa arma e un’adeguata formazione degli agenti che la useranno in linea con i Principi guida delle Nazioni Unite sull’uso delle armi da fuoco. Seppure questa richiesta venisse accolta, Amnesty continuerebbe a sostenere l’idea del rischio di violazioni dei diritti umani. Amnesty come l’Onu considera questa arma uno strumento di tortura.

 

Taser anche per la polizia penitenziaria? Cosa ne pensa il Garante dei detenuti

Analizzando i rischi del taser (dalle lesioni alla morte), vediamo cosa ne pensa il Garante dei detenuti, che ha reagito alla proposta avanzata dal sindacato Sappe di dotare anche la polizia penitenziaria della pistola elettrica. Nella sua relazione annuale, il Garante dei detenuti sottolinea che:

  • Il taser è uno strumento che va usato con cautela da personale adeguatamente formato;
  • Non va usato in luoghi dove, in genere, non è consentito l’impiego di armi tradizionali;
  • Non bisogna abusarne per via della sofferenza provocata dalla scarica elettrica e della perdita di controllo del sistema muscolare, oltre al dolore acuto;
  • Atterrando una persona, durante la caduta il soggetto colpito rischia lesioni alla testa o in altre parti del corpo;
  • Nei casi più gravi, può portare alla morte per arresto cardiaco o conseguenze al feto per le donne in gravidanza.

 

Serve un modello di taser personalizzato

Per evitare i rischi sulla salute (soprattutto, il rischio di morte), verrà preso in esame un modello di taser personalizzato con amperaggio ridotto, scariche elettriche più corte dei classici 5 secondi con spegnimento automatico. Il modello che verrà utilizzato dagli agenti è prodotto da Axon (ex Taser International, azienda statunitense) che ne detiene il brevetto: verrà adeguato agli accorgimenti previsti dal servizio sanitario nazionale italiano. Nel 2014, sono iniziate (dopo il Decreto sicurezza) le sperimentazioni in laboratorio ma non quelle sul campo.

Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha emesso linee guida per l’utilizzo del taser definito non un’arma da fuoco ma “un’arma propria che sfrutta impulsi elettrici per inibire i movimenti del soggetto colpito”.

È stato stabilito che:

  • La distanza consigliata per un tiro efficace va dai 3 ai 7 metri;
  • Il taser va mostrato senza essere impugnato per dar modo al soggetto di desistere dalla condotta in atto;
  • Se il soggetto non desiste si spara il colpo considerando i rischi associati a seguito della caduta;
  • Occorre considerare la visibile condizione di vulnerabilità del soggetto (ad esempio, una donna incinta) prevedendo anche rischi per l’ambiente (incendi, esplosioni, scosse elettriche).

Il taser, in sostanza, deve essere usato come strumento difensivo, un deterrente da dare in dotazione a personale qualificato.

Pur definendo il taser un’arma propria e non da fuoco, per la legge italiana è necessaria una licenza per l’importazione ed un porto d’armi per possederlo.

 

Il taser verrà adottato anche dalla Gendarmeria Vaticana?

Secondo quanto ha riportato l’Ansa, sembra proprio che anche la Gendarmeria Vaticana intenda usare queste armi innovative. Nessuno, finora, ha smentito la notizia anzi, nei giorni scorsi, il taser è comparso in Vaticano. È stato dato in dotazione ad un gruppo scelto di membri della Gendarmeria oltre all’arma di ordinanza. L’utilizzo della pistola elettrica sarebbe consentita in Vaticano soltanto “a salvaguardia della vita”, non solo quella del Pontefice – secondo quanto riporta Repubblica – ma di tutti coloro che si trovano nello Stato Pontificio. Sostanzialmente, l’esigenza è volta a garantire una maggiore sicurezza del Papa, specie nelle sue uscite pubbliche, esposto al contatto con le grandi folle, in tempi di rischio di attacchi terroristici. Da qualche tempo, non a caso, le misure di sicurezza in Vaticano sono elevatissime.

La Santa Sede per questioni di difesa ricorre ad armamenti sempre più sofisticati. Lo dimostrano le recenti esercitazioni della Gendarmeria con il 9° Reggimento d’Assalto ParacadutistiCol Moschin” che ha utilizzato moduli addestrativi dell’Esercito Italiano, procedure di tiro operativo, combattimento in ambienti ristretti, antisabotaggio e breaching. In questo contesto, l’uso del taser non rappresenta nulla di così ‘trascendentale’.

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Francesco Ciano

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