NOBEL PER LA PACE 2018: PREMIO A MURAD E MUKWEGE CONTRO GLI STUPRI DI GUERRA

 

Mentre altri stanno a guardare, Denis Mukwege e Nadia Murad da anni denunciano e combattono attivamente la violenza sessuale come arma di guerra: il 5 ottobre scorso nel Norwegian Nobel Institute di Oslo, il premio Nobel per la Pace 2018 è stato assegnato a loro. Hanno una grande storia da raccontare e da vivere. Sono testimoni viventi impegnati, da anni, a dare il loro personale contributo per catalizzare l’attenzione mondiale sui crimini di guerra, consentendo spesso di identificarne gli autori.

Denis Mukwege è un ginecologo congolese che cura le vittime di stupri di guerra nella Repubblica Democratica del Congo.

Nadia Murad, ex schiava sessuale dell’ISIS scampata alla morte, è una donna yazida irachena, oggi attivista per i diritti umani. Due testimoni della violenza contro le donne i cui racconti fanno venire i brividi. Da tempo, dedicano la loro vita alla lotta contro la violenza sulle donne urlando il loro NO agli stupri, agli abusi più spietati, a torture e morte in Paesi dove la crudeltà non guarda in faccia né donne né bambini.

 

Premio Nobel per la Pace 2018 a Denis Mukwege: la sua storia

Il mondo ha chiuso gli occhi” denuncia il medico ginecologo Denis Mukwege. Nel Congo viene chiamato “l’uomo che ripara le donne”. Dal 1998 (anno in cui ha fondato l’ospedale Panzi a Bukawo), ha curato oltre 50.000 vittime di stupri indicibili nella cosiddetta Repubblica democratica del Congo.

Da 16 lunghi anni, questo ginecologo raccoglie letteralmente donne distrutte nel corpo e nell’anima. Donne violentate dalla guerra (terminata ufficialmente nel 2002) che continua a mietere vittime nella sua lotta tra esercito regolare e gruppi armati che ha come unico scopo controllare le immense ricchezze del Paese (oro, diamanti, rame). In Congo è stato messo in atto un vero e proprio genocidio sessuale: lo stupro è una strategia e Mukwege spiega perché.

Le violenze sessuali soprattutto su giovanissime avvengono “in pubblico attraverso veri e propri riti di violenza collettiva che distruggono sistematicamente le comunità. Difatti, chi subisce o assiste alle violenze automaticamente fugge dai villaggi abbandonando tutto ciò che ha per la vergogna”. Sì, perché dopo aver subito violenza, le vittime vengono considerate colpevoli dai mariti, allontanate, isolate.

Le donne accolte dal ginecologo congolese sono devastate a seguito delle violenze subite. Il medico ha perfezionato tecniche nuove per ridurre o risolvere terribili lesioni riportate dalle vittime di violenza. A forza di salvare vite, trattando migliaia di pazienti, è diventato uno dei più grandi esperti mondiali nel trattamento dei danni fisici interni causati dallo stupro. E’ riuscito a ‘riparare’ diverse donne permettendo loro di sposarsi e procreare.

Denis Mukwege: il suo pensiero

Nel 2014, Denis Mukwege ha ricevuto dal Parlamento europeo il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Per il suo operato e la sua denuncia a livello mondiale, è stato vittima di un attentato da parte di un gruppo di uomini armati, che è costato la vita ad una guardia che lo accompagnava. Le minacce alla sua famiglia l’hanno costretto per un po’ ad esiliare in Svezia e Bruxelles ma, poi, è tornato al lavoro.

Nel suo ospedale, sono state accolte vittime il cui corpo parlava da solo. “Sono come un fazzoletto strappato: si devono riprendere i fili e riallacciarli uno a uno”. Bambine con gli organi completamente distrutti, violentate e torturate. Donne mutilate o abusate con l’introduzione di oggetti taglienti nella vagina, donne che contraggono l’HIV o violentate al punto tale da soffrire di perdite e incontinenza (e per questo derise e umiliate dalla comunità). Una tragedia da fermare.

Osservando quei casi atroci, Mukwege ha deciso di intervenire.

Da anni, lavora ininterrottamente per salvarle. Il 63enne Mukwege rappresenta l’unica voce che insiste nel denunciare al mondo un crimine senza fine. Perciò, critica non solo il governo congolese ma altri governi nel mondo che non fanno abbastanza per contrastare l’uso della violenza sessuale contro le donne come arma di guerra. Ha condannato ripetutamente l’impunità per gli stupri di massa che avvengono nel suo Paese.

Fare una cosa del genere all’apparato genitale della donna non c’entra nulla col desiderio sessuale. E’ piuttosto un desiderio di distruzione” afferma il medico congolese. E’ un modo per umiliare e distruggere completamente una persona senza peraltro ucciderla.

La giustizia è un affare di tutti”. Tutti devono segnalare casi di stupro a qualunque costo. Questo è il suo pensiero.

Gli stupri non distruggono soltanto le donne ma l’intera società”.

 

Premio Nobel per la Pace 2018 a Nadia Murad: la sua storia

L’ex schiava sessuale dell’ISIS Nadia Murad, oggi attivista per i diritti umani, ha visto, provato e vissuto l’orrore compiuto dagli jihadisti che hanno ucciso migliaia di persone nel suo villaggio (Kocho). L’attacco nel suo villaggio, durante cui anche la famiglia di Nadia è stata massacrata, era finalizzato a sterminare la minoranza yazida a nord dell’Iraq. Le donne più giovani ed i bambini venivano rapiti e venduti come schiavi sessuali.

La 25enne Nadia Murad è prima ambasciatrice Onu per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani dal 2016, anno in cui ha ricevuto il Premio Sakharov al Parlamento europeo per la libertà di pensiero. In quell’occasione, Nadia ha dichiarato: “Gli yazidi sono vittime di un genocidio, soltanto voi avete sostenuto il nostro popolo. Guardiamo all’Europa come simbolo di umanità, deve rimanere un modello per il mondo”.

Nadia Murad è stata rapita nel 2014 dall’ISIS e resa schiava sessuale: ha subito gli orrori della schiavitù dell’Isis, è stata oggetto di umiliazioni, stupri, torture ed altri abusi. E’ vittima di crimini di guerra a tutti gli effetti, è riuscita a fuggire dopo 3 mesi di sequestro (approfittando di una disattenzione del suo carceriere) scampando alla morte. Non ha accettato i codici sociali che impongono alle donne di restare in silenzio e di vergognarsi degli stupri subiti. Il suo coraggio l’ha spinta a parlare delle sue sofferenze ma anche per conto di altre vittime.

 

L’arma di guerra dello schiavismo sessuale

Lo scorso anno sono state rapite 5.270 donne yazide ed almeno 3.144 sono ancora prigioniere, vittime di stupri ed altri abusi compiuti dai miliziani dell’ISIS. Lo schiavismo sessuale sembra riguardare soltanto le donne appartenenti alla minoranza yazida seppure l’ISIS permetta lo stupro anche di donne cristiane ed ebree presenti su territori conquistati.

Nel Califfato Islamico lo stupro viene interpretato dai miliziani dell’ISIS non solo come un diritto riconosciuto dall’Islam ma come un dovere. L’arma dello stupro viene usata anche come strumento di reclutamento per nuovi miliziani: attira uomini di società musulmane dove il sesso è tabù, dove frequentare una donna fuori dal matrimonio è vietato dalla legge.

L’ambasciatrice Nadia Murad ha due obiettivi: divulgare lo sterminio di migliaia di yazidi e veder processati i suoi aguzzini come Abu Omar, il famigerato Barba Bianca. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha istituito un team investigativo per raccogliere le prove dei crimini dell’ISIS.

Due commenti a chiusura dell’articolo

 Di fronte al genocidio sessuale ed alla violazione dei diritti umani anche Niccolò Machiavelli si vergognerebbe di pensare che “Il fine giustifica i mezzi”. Lo speriamo, almeno.

Chi si sente eletto e compie crimini di guerra, crudeltà di ogni genere torturando e uccidendo innocenti deve prendere coscienza ed evolversi: non esiste un Dio giusto che preferisce gli assassini. Questo vale per qualsiasi religione. Chi si sente eletto e fa tutto questo è l’ultimo degli uomini.

Francesco Ciano