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SICUREZZA NEGLI OSPEDALI: EMERGENZA NAZIONALE PER IL PERSONALE SANITARIO
La lettera aperta di Pina Onotri del 7 gennaio scorso ha ufficializzato la situazione di emergenza sicurezza negli ospedali. Il segretario generale del Smi (Sindacato Medici Italiani) ha indirizzato la lettera al ministro della Salute Roberto Speranza.
“Si approvi subito il Ddl” contro la violenza nei confronti dei medici e degli operatori sanitari ancora fermo presso la Commissione Affari Sociali della Camera: è questo il succo della richiesta.
“La repressione, le denunce e le pene maggiorate, le telecamere, sicuramente potrebbero servire per questo fenomeno, ma resta il dubbio che non siano del tutto risolutive per arginare il malcontento, l’insoddisfazione, la domanda di salute di chi arriva nei nostri ospedali e negli studi medici. Auspichiamo che Lei, signor Ministro, metta in cima alle sue priorità un’azione di sensibilizzazione verso il Parlamento affinché vari subito il Ddl“.
Medici e personale sanitario rappresentano un bene comune per la tutela della salute di persone in cerca di aiuto e di cure. Lo Stato deve difenderli senza attendere oltre.
Nella lettera, Pina Onotri non trascura affatto un altro punto importante: la necessità di una “rinnovata capacità di programmazione per gestire la tempestività di accesso e la presa in carico dei pazienti”.
Il Sindacato Medici Italiani considera indispensabile un forte rilancio e la piena valorizzazione della medicina generale e ospedaliera.
E’ essenziale garantire, perciò, la capillarità dei servizi su tutto il territorio nazionale implementando gli organici, assicurando ai medici italiani stipendi pari alla media degli altri paesi europei.
L’emergenza sicurezza per il personale sanitario è, ormai, diventata una questione nazionale e rispecchia una grave regressione sociale e culturale in Italia.
Cosa succede nel nostro Paese? Cosa prevede il Ddl? Quali sono le misure da poco annunciate dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese?
SICUREZZA NEGLI OSPEDALI: L’ANNUNCIO DEL MINISTRO LAMORGESE
Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha annunciato che, dal prossimo 15 gennaio, verranno attivate le prime telecamere sulle ambulanze in servizio nei nosocomi di Napoli.
Dallo scorso 16 dicembre il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica sollecita fortemente a dotare i mezzi di soccorso di videosorveglianza e i camici bianchi chiedono l’intervento dell’Esercito (in mancanza di Polizia) nei reparti di Pronto soccorso. L’emergenza negli ospedali ha ormai raggiunto livelli di guardia e di pericolosità insostenibili. La gente sembra non avere più paura di nulla, probabilmente per il fatto che, in gran parte dei casi, gli aggressori restano impuniti.
Le 39 ambulanze in servizio a Napoli saranno dotate di 4 telecamere esterne, gps per la localizzazione sul territorio e body-cam per il personale. La prima entrerà in funzione il 15 gennaio e, con cadenza di installazione di circa 48 ore per ogni veicolo di soccorso, tutte le autoambulanze avranno telecamere, gps e body-cam.
Prossimamente, nella Asl Napoli 1 Centro, prenderanno servizio i nuovi contingenti di autisti, 567 infermieri e 30 medici assunti tramite concorsi. Entro aprile 2020 saranno messe in circolazione 4 nuove ambulanze.
Parallelamente, va avanti il progetto per realizzare impianti di sicurezza collegati alle centrali della polizia nelle strutture ospedaliere più a rischio.
LA RICHIESTA DI MANUEL RUGGIERO
Ripristino dei presidi di Polizia nei Pronto Soccorso con maggior afflusso di pazienti (Loreto Mare, San Giovanni Bosco, Cardarelli, Ospedale del Mare), riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale al personale sanitario in servizio nel 118 e negli ospedali, installazione di telecamere sia a bordo delle ambulanze sia sulla divisa degli operatori.
Questo propone e chiede Manuel Ruggiero, presidente dell’associazione ‘Nessuno tocchi Ippocrate’. Laddove non sia possibile avere la Polizia, poter utilizzare unità dell’Esercito per arginare la violenza nei Pronto Soccorso.
Secondo Ruggiero è necessario “inasprire le pene al più presto per chi aggredisce medici e paramedici“.
SICUREZZA NEGLI OSPEDALI:
le gocce che hanno fatto traboccare il vecchio vaso
Negli ultimi giorni, in vari ospedali di Napoli è successo di tutto di più.
Abbiamo assistito a continui episodi di aggressione e violenza ai danni del personale sanitario: ambulanze colpite da fuochi di artificio, lancio di oggetti dai balconi sui mezzi di soccorso, aggressioni contro medici e sanitari, una dottoressa picchiata da un paziente psichiatrico ed una sua collega presa a bottigliate in testa, pazienti incapaci di attendere il proprio turno anche per lievi malori che hanno devastato i reparti insultando medici e infermieri.
Il 6 gennaio l’ambulanza del Loreto Mare (Napoli) e gli operatori del 118 sono stati sequestrati da tre ragazzi per costringerli sotto minaccia a soccorrere un amico 16enne con una distorsione al ginocchio.
La vicenda è stata denunciata attraverso un post pubblicato su Facebook dall’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate” fondata dal medico di pronto soccorso Manuel Ruggiero. L’ambulanza è giunta sul posto che gli operatori sono stati costretti a raggiungere ed è stata circondata subito da un’orda di astanti inferociti che hanno ricoperto di insulti i sanitari. E’ la quinta aggressione registrata a Napoli, dall’inizio del 2020 e ne sono seguite altre.
Il numero di operatori e mezzi è inadeguato rispetto al numero di abitanti e questo può provocare una forte esasperazione, ma qui si tratta di sequestro di persona e interruzione di pubblico servizio. Un fatto gravissimo.
Ciro Verdoliva, dirigente dell’ASL Napoli 1 Centro ha commentato così l’episodio: “Siamo ad un punto di non ritorno, non possiamo perdere neanche un minuto, noi stessi accelereremo sulle telecamere a bordo ambulanza e anche a ‘bordo uomo’…”,
La tensione è alta solo a Napoli? No, il fenomeno interessa tutta Italia.
L’EMERGENZA SICUREZZA NEGLI OSPEDALI È NAZIONALE
Soltanto a Napoli, nel 2019 le aggressioni ai 118 e Pronto Soccorso sono state 130 (uno ogni 3 giorni); un terzo in più rispetto al 2018.
Il sindacato Nursing Up denuncia episodi di violenza fisica per un infermiere su 10 (soprattutto donne): il 4% degli infermieri riferisce di essere stato minacciato con un’arma da fuoco.
L’80% degli infermieri riferisce di violenze nei luoghi di lavoro da parte di pazienti e dei loro familiari. Violenza fisica ma anche minacce, insulti, comportamenti tesi a umiliare o mortificare.
Al momento, le telecamere da installare nelle autoambulanze sono previste solo a Napoli (dove l’allarme è più forte), ma aggressioni e violenze in corsia (soprattutto nei Pronto Soccorso) sono un’emergenza nazionale.
ALLARME MALATI PSICHIATRICI ED ERGASTOLANI NEGLI OSPEDALI
Coltelli, lamette, forbici, armi da taglio, a volte pistole: ecco l’armamentario di pazienti con problemi mentali e pericolosi per la collettività. I pazienti psichiatrici in attesa di ricovero in psichiatria andrebbero sorvegliati non solo in ospedali come il San Giovanni Bosco di Napoli ma ovunque.
Si invocano controlli più serrati, l’uso di metal detector in ospedale, sorveglianza e controlli da parte della Polizia perché, secondo la legge, gli operatori sanitari non possono perquisire i pazienti. E, intanto, rischiano di mettere a repentaglio la loro vita e quella degli altri.
Esiste anche un problema di sicurezza che riguarda, ad esempio, gli ergastolani in ospedali come il San Martino di Oristano. Ergastolani e liberi cittadini insieme in corsia. Sindacati di polizia penitenziaria hanno organizzato sit-in davanti alla sede dell’Azienda sanitaria di Oristano per denunciare i rischi che si corrono all’ospedale San Martino.
IN-SICUREZZA NEGLI OSPEDALI: DIAMO I NUMERI
Ogni anno in Italia si contano 1200 episodi di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità. Il 30% dei 4 mila casi complessivi di violenza registrati nei luoghi di lavoro riguarda medici, infermieri, ostetriche, farmacisti, ecc. Nel 70% dei casi, le vittime delle aggressioni sono donne.
Milleduecento episodi all’anno ma quelli reali secondo alcuni sindacati sarebbero almeno tre volte di più.
Per i casi di violenza registrati nel 2017, ecco la classifica dei luoghi più colpiti:
– Pronto soccorso – 456 aggressioni;
– Reparti di degenza – 400;
– Ambulatori – 320;
– Spdc – 72;
– Terapie intensive 62;
– 118 – 41 aggressioni;
– Assistenza domiciliare – 37;
– Case di riposo – 20;
– Penitenziari – 11.
In riferimento al tipo di violenza, ecco la classifica:
– 60% minacce;
– 20% percosse;
– 10% violenza a mano armata;
– 10% vandalismo.
Sono soprattutto i pazienti (49%) a commettere atti di violenza, cui seguono i familiari (30%), i parenti (11%) e utenti in genere (8%).
La fasce orarie più a rischio sono quelle serali e notturne.
Secondo quanto riferiscono i medici, la percezione di violenza è aumentata del 72% ed è in forte aumento per l’8%.
DANNI ECONOMICI E TENDENZA A NON DENUNCIARE
Ne consegue anche un danno economico che, nel 2017, è stato di 30 milioni a carico del Sistema sanitario nazionale contro i 12 milioni del 2014.
Il fatto peggiore è che le aggressioni verbali, molto spesso, non vengono denunciate dagli operatori sanitari; le denunce avvengono principalmente a seguito di un infortunio ai danni del personale.
C’è scarsa propensione alla segnalazione di un’aggressione per vergogna, timore di ritorsioni o rassegnazione: pare si stia consolidando una specie di abitudine alla violenza.
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, gli atti di violenza si verificano soprattutto in:
– servizi di emergenza/urgenza;
– strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali;
– luoghi di attesa;
– servizi di geriatria;
– servizi di continuità assistenziale.
Qualsiasi operatore sanitario può essere vittima di episodi di violenza ma rischiano di più medici, infermieri e OSS in quanto si trovano a contatto diretto con il paziente, specie se emotivamente alterato, sotto effetto di alcol e droga.
Il pericolo aumenta in caso di:
– pazienti con disturbi psichiatrici;
– accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali e strutture ambulatoriali;
– lunghe attese nelle zone di emergenza o aree cliniche;
– numero di personale ridotto o, peggio ancora, presenza di un solo operatore a contatto col paziente;
– mancanza di formazione del personale nel riconoscere e controllare comportamenti aggressivi e ostili;
– scarsa illuminazione nelle strutture e nelle aree di parcheggio.
COSA PREVEDE IL TANTO ATTESO DDL
Si attende con ansia l’approvazione del disegno di legge in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.
In Parlamento, dopo il via libera del Senato a settembre 2019, il Ddl è fermo alla Camera. Cosa prevede?
Prevede sanzioni penali più pesanti per chi aggredisce un operatore sanitario.
Il testo finale dovrebbe contenere qualcosa di più rispetto a quello approvato a Palazzo Madama: la procedibilità d’ufficio (anche senza querela della persona offesa) per chi aggredisce un operatore nell’esercizio delle sue funzioni. Perché? Perché sarebbe come aggredire un pubblico ufficiale. Praticamente, il disegno di legge modifica il codice penale estendendo al personale socio-sanitario la disciplina relativa alle lesioni gravi arrecate a pubblico ufficiale. Sono previste circostanze aggravanti se l’aggressione avviene con minaccia o violenza.
Le pene vanno da 4 a 16 anni di reclusione a seconda della gravità della lesione provocata.
Il Ddl prevede anche l’istituzione da parte del Ministero della Salute di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, con compiti di monitoraggio, prevenzione, diffusione di buone prassi di sicurezza, formulazione di proposte e misure idonee a ridurre o eliminare i fattori di rischio negli ambienti medici e sanitari più esposti.
SICUREZZA NEGLI OSPEDALI: IL VADEMECUM DELLA FPCGIL PER GLI OPERATORI
Serve repressione degli atti di aggressione e violenza così come servono prevenzione e formazione.
La formazione è essenziale nella prevenzione della violenza sugli operatori sanitari insieme a sistemi di allarme ed altri dispositivi di sicurezza nei luoghi o nelle situazioni di maggior rischio (aree di emergenza, aree psichiatriche, sportelli del Cup, ecc.) collegati con un sistema di pronto intervento.
Sarebbe opportuno anche dotare le aree a rischio di arredi fissati bene allo scopo di impedire che vengano usati contro gli operatori nonché installare sportelli protetti al front office del Pronto soccorso per rendere più difficile avvicinarsi agli operatori.
Per aiutare gli operatori sanitari a prevenire e difendersi dalle aggressioni, la FpCgil ha preparato e diffuso un vademecum. Il sindacato ha codificato una serie di comportamenti da mettere in atto in situazioni di potenziale rischio di aggressioni. Come prevenire un’aggressione? Cosa fare in caso di violenza? In che modo la struttura sanitaria deve tutelare gli operatori? Il prezioso vademecum della FpCgil risponde in modo dettagliato a queste e ad altre domande.
Francesco Ciano