SICUREZZA IN CITTÀ: SERVE L’AIUTO DELL’ESERCITO PER GARANTIRE “STRADE SICURE”?

Emergenze sociali, microcriminalità, rivolte in varie città italiane per manifestare contro le misure restrittive del nuovo DPCM. Serve più sicurezza in città. L’intervento dell’Esercito può contribuire a garantire maggior sicurezza?

Orari ridotti, chiusure, coprifuoco, zone rosse, gialle e arancioni, lo spettro di un eventuale secondo lockdown nazionale, sanzioni, aziende, lavoratori e famiglie in crisi come le scuole, ospedali e pronto soccorso in tilt, operatori sanitari che iniziano ad ammalarsi per il contagio da Covid-19. Il sistema sanitario è al collasso, i disagi legati al diffondersi della pandemia sono evidenti. E’ necessario un maggior numero di uomini e mezzi per potenziare i controlli, mantenere l’ordine, contrastare la criminalità, ladri e rapinatori, sciacalli e quant’altro.

Rinforzare il numero delle presenze delle Forze dell’Ordine o chiedere aiuto anche all’Esercito per garantire “Strade Sicure”? Potrebbe funzionare?

COVID-19 E SICUREZZA IN CITTÀ: SERVE L’ESERCITO? COSA NE PENSANO I SINDACI?

Alcuni sindaci sono a favore dell’intervento dell’Esercito per il controllo e la sicurezza urbana, altri dicono no ai militari in città (come il sindaco di Benevento Clemente Mastella) allineandosi alla decisione del Governo centrale di non inviare militari nei capoluoghi con situazioni epidemiologiche meno rilevanti.

Intanto, a Brescia, il sindaco Emilio Del Bono ha chiesto aiuto all’esercito per presidiare le aree dismesse. Ha incontrato il Colonnello Pasquale Guarino che ha coordinato i 40 soldati dell’operazione “Strade Sicure”.

A Brescia, 40 militari, tra uomini e donne, del 10° Rgt. Genio Guastatori di Cremona, operano in tandem con le Forze di Polizia. Negli ultimi 5 mesi, tra pattugliamenti a bordo di automezzi ed a piedi, hanno contribuito alla sicurezza in città, vigilando e presidiando i principali obiettivi sensibili. La sicurezza percepita, a detta dei cittadini, è aumentata.

In piena emergenza sanitaria, i militari di Strade Sicure hanno contribuito al controllo e contenimento del contagio da Coronavirus supportando le Forze dell’Ordine anche per far rispettare le misure previste dai vari DPCM per gli spostamenti e gli assembramenti.

Nel periodo più critico della pandemia, a Brescia l’Esercito ha continuato ad operare. Il sindaco spera non solo che i militari restino in città anche a fine emergenza ma che possano presidiare i siti industriali dismessi per prevenire usi illeciti ed occupazioni improprie difficili da contrastare e gestire.

Fatto sta che il Ministero dell’Interno dice no all’impiego dell’Esercito in città dove la situazione non è allarmante. In questo delicato momento, non ritiene di dover modificare il piano di controllo previsto per l’impiego dei militari nell’ambito del progetto Strade Sicure per affiancare le Forze dell’Ordine.

L’IMPIEGO DELL’ESERCITO NELL’ATTUALE EMERGENZA SANITARIA COVID-19

Attualmente, il Ministero della Difesa ha messo a disposizione 200 Drive Through Difesa (DTD). Il personale delle forze armate è attivamente impegnato in tutta Italia nelle postazioni messe a disposizione dall’Esercito per eseguire tamponi orofaringei in modalità ‘drive through’ (direttamente in auto, senza scendere dalla propria vettura).

Attraverso l’Operazione Igea voluta dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini in accordo col ministro della Salute Roberto Speranza, saranno effettuati almeno 30.000 tamponi in più al giorno in tutto il Paese grazie alle postazioni ‘drive in’ dei militari (ufficiali medici, infermieri sottufficiali adeguatamente formati).

Molti di questi militari hanno avuto familiari colpiti dal Coronavirus, lutti in famiglia (amici, parenti), sono stati contagiati loro stessi. C’è una forte adesione, al di là del dovere; i militari danno sicurezza e fiducia per la divisa che indossano ed è una responsabilità importante.

L’Operazione Igea impegna 1.400 unità, 200 team, è un aiuto sul campo al sistema sanitario nazionale avviato alla fine di ottobre. I pazienti Covid-19 vengono ospitati anche nelle strutture del centro sportivo olimpico dell’Esercito. A Milano, il Centro ospedaliero militare ospita persone risultate positive al Covid.

Il Ministero della Difesa ha spiegato che, attualmente, il centro operativo Interforze dispone di una sala operativa dedicata all’emergenza Covid-19 attiva no-stop, h24, 7 giorni su 7. Attraverso questa sala condivide informazioni di interesse con la Protezione civile nazionale e gli altri ministeri impegnati a far fronte all’emergenza sanitaria.

PIANO NAZIONALE DI CONTROLLO “STRADE SICURE”

Igea e Strade Sicure sono due Operazioni diverse che coinvolgono l’Esercito.

Strade Sicure è un’operazione di sostegno alla pubblica sicurezza da parte dell’Esercito di valenza nazionale. E’ stata avviata in Italia nel 2008 dal governo Berlusconi IV e prorogata diverse volte nel corso degli anni. L’obiettivo è utilizzare personale delle forze armate italiane nel contrasto alla criminalità affiancando le Forze dell’Ordine nelle città.

Con questa operazione il Ministero della Difesa mette a disposizione il personale delle forze armate ai prefetti di alcune province per tutelare l’ordine pubblico, contrastare la microcriminalità ed il terrorismo, controllare aree metropolitane e densamente popolate, vigilare e presidiare siti sensibili come centri di prima accoglienza, centro di identificazione ed espulsione.

Al personale viene attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza con funzione di perlustrazione e di pattugliamento delle strade congiuntamente alle forze di polizia. Possono identificare e perquisire mezzi di trasporto e persone. Il COI (Comando operativo di vertice interforze) pianifica e coordina l’operazione.

L’Operazione Strade Sicure è presente in 45 province italiane, tra cui Roma, Milano, Torino, Napoli, Firenze, Verona, Bologna, Modena, Catania, Palermo, Bergamo, Brescia, Monza, Venezia, Padova, Genova.

Da giugno 2008 alla fine del 2015 per questa operazione sono stati spesi 477,6 milioni di euro, nel 2016 l’Operazione Strade Sicure ha richiesto 83 milioni di euro (inclusa l’Operazione Terra dei Fuochi). Nel 2017, è stata rifinanziata con un piano da 123 milioni di euro, 40 milioni in più rispetto all’anno precedente.

Le continue proroghe, secondo la CGIL, servono a nascondere la mancanza di fondi e di organici delle forze di polizia italiane.

SICUREZZA IN CITTÀ: L’ESERCITO PUÒ DAVVERO CONTRIBUIRE A GARANTIRLA IN ITALIA?

Guardiamo in faccia la realtà. I soldati sono troppo pochi per pesare nella battaglia contro il crimine o per mantenere l’ordine pubblico. Al punto tale che la Corte dei Conti non è riuscita a verificare le performance dei militari: la percentuale dei risultati è decisamente ridotta rispetto a quelli delle Forze dell’Ordine.

Oltretutto, non esistono ricerche che correlino direttamente l’aumento della militarizzazione di un Paese alla riduzione dei reati. L’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti dichiarò in Parlamento, nel 2018, di non poter “valutare pienamente la performance dei militari” perché non è possibile misurare fattori come la deterrenza.

Il numero di soldati impiegati nell’operazione è oscillato nel corso degli anni: i 4.250 militari schierati all’inizio furono ‘tagliati’ a 3.000 nel 2014, nel 2018 risultavano 7.050 unità.

Invocare l’Esercito fa sempre un certo effetto: è uno slogan ad alto impatto ed a basso costo, con un’importante valenza (e propaganda) politica.

Negli ultimi anni, si dissolvono sempre più i confini tra sicurezza interna ed esterna. Si creano pattuglie miste, va scomparendo la distinzione dei compiti di polizia e soldati: una distinzione che ha sempre caratterizzato le democrazie europee.

PROBLEMA REALE: SERVONO PIÙ SOLDATI MA MANCANO I FONDI

Il 27 ottobre scorso, durante la riunione del Consiglio Supremo di Difesa, anche il capo dello Stato si è mostrato preoccupato per le tensioni avvenute di recente, le aggressioni alle Forze dell’Ordine, le rivolte sociali in varie città, il malcontento generale sfociato in eventi violenti a seguito delle ultime misure restrittive del DPCM governativo. Malcontento ampiamente preannunciato dal Capo della Polizia Franco Gabrielli.

Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, ha accennato alla necessità di rendere lo strumento militare efficiente e più moderno anche ‘sburocratizzando’ il sistema. E’ necessario, oltretutto, rivedere la Legge 244/2012 “Revisione dello strumento militare nazionale” per apportare eventuali modifiche.

Governo e Parlamento stanno valutando la possibilità di rafforzare le risorse di sicurezza nazionale tramite l’impiego di un maggior numero di militari in strada.

Se la Difesa in questo periodo può garantire un valido aiuto al Paese, ad un maggior impegno devono corrispondere maggiori risorse. I rappresentanti delle Forze armate hanno espresso la necessità di un intervento significativo e concreto ai fini contrattuali del personale.

I soldi stanziati nell’ultimo Def sono pochi. L’esecutivo ha previsto 900 milioni in tutto (300 in meno di quelli previsti nell’ultimo contratto). In realtà, per i militari servono almeno altri 400 milioni di euro. Gli stipendi dei militari sono fermi da 11 anni.